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martedì 25 settembre 2012

IL PRATO


Apriamo oggi una nuova rubrica, "Angoli di Padova", dove andremo a trattare monumenti, strade e simboli caratteristici della nostra città (e della provincia). In questa prima puntata andiamo a vedere la storia di ciò che a mio parere è (insieme al Santo) il vero simbolo di Padova: Prato della Valle. O "Il Prato", se preferite.

Prato della Valle, uno dei simboli di Padova, è una grande piazza ellittica che, oltre ad essere la maggiore piazza padovana, è una delle più grandi d'Europa (88620 mq), seconda solo alla Piazza Rossa di Mosca. La piazza è in realtà un grande spazio monumentale caratterizzato da un'isola verde centrale, chiamata Isola Memmia in onore del podestà che commissionò i lavori, circondata da un canale ornato da un doppio basamento di statue numerate di celebri personaggi del passato che secondo il progetto originario dovevano essere 88. Oggi possiamo osservare, invece, solo 78 statue con 8 piedistalli sormontati da obelischi e 2 vuoti. Quattro viali attraversano il Prato su piccoli ponti, per poi incontrarsi al centro dell'isolotto.
La sistemazione trae ispirazione dalla grande tradizione veneta del giardino patrizio; qui per la prima volta questo venne distolto dall'uso privato e proposto, secondo i concetti neoclassici, come soluzione urbanistica e qualificazione ambientale.

Fin dall'antichità questo spazio aperto ebbe funzioni economiche e ricreative. In epoca romana fu sede di un vasto teatro, lo Zairo, delle cui fondamenta sono state rinvenute le tracce nel canale che circonda l'Isola Memmia, e di un circo per le corse dei cavalli. Nell'epoca delle persecuzioni contro i primi cristiani, il circo fu utilizzato per i combattimenti. Qui furono amrtirizzati due dei quattro patroni della città, Santa Giustina e San Daniele.
Nel Medioevo fu invece sede di fiere, giostre, feste pubbliche e gare, come le corse dei "sedioli", una specie di biga tipicamente padovana o il "castello d'amore", che si concludeva con la conquista delle belle ragazze da marito da parte di giovanotti venuti da tutto il Veneto. La domenica delle Palme era anche il luogo tradizionale delle grandi assemblee "di tutti gli uomini liberi del Padovano" e già nel 1077 era luogo da "mercato" e due volte al mese aveva luogo il mercato degli animali. Ad ottobre e a novembre si tenevano invece le due grandi fiere in onore dei Santi Patroni Giustina e Prosdocimo. Persino le più frequentate prediche di Sant'Antonio venivano tenute in Prato della Valle.
Sebbene si trovasse a ridosso delle mura della città, continuò a mantenere per lungo tempo il suo aspetto paludoso e malsano, dovuto alla conformazione a catino del terreno, dove l' acqua ristagnava, tanto da assumere quell'aspetto di valle che giustifica il nome. Inoltre esso non era proprietà demaniale, ma dell'abbazia di S. Giustina che durante la dominazione veneziana non aveva i mezzi di curarne la bonifica. Tutti questi fattori, come pure la destinazione cimiteriale di una sua parte, contribuirono così a preservare la zona da radicali cambiamenti e a lasciarla a lungo inedificata.

Il 14 febbraio del 1767 il Senato Veneto dichiarò l'area di proprietà comunale contro le pretese dei monaci di Santa Giustina e qualche anno dopo, nel 1775, Andrea Memmo, patrizio veneziano illuminista, nominato Provveditore della Serenissima a Padova, con l'aiuto dell'abate Domenico Cerato, professore di architettura a Vicenza e Padova e progettista di diverse opere pubbliche a Padova e dintorni, valorizzò questo spazio attuando una radicale bonifica e creando una canalizzazione sotterranea destinata a far defluire le acque dell'anello centrale, che tuttora vediamo, valicato da 4 ponti, recingere una specie di grande aiuola circolare. Secondo le cronache, per la realizzazione dell'isola Memmia, dei ponti e della canaletta bastarono 44 giorni e senza aggravio per l'erario in quanto Andrea Memmo usò anche il suo denaro.
Il suo progetto, rimasto in parte incompiuto, è visibile in un'incisione su rame di Francesco Piranesi del 1785. Sembra che Memmo avesse commissionato questa e altre rappresentazioni e le tenesse esposte a Palazzo Venezia, sede dell'ambasciata della Repubblica a Roma, nell'intento di ottenere il finanziamento per le statue ornamentali, proponendolo a persone notabili.
Le statue su piedistallo che adornano la piazza, 38 lungo l'anello interno all'Isola Mummia e 40 lungo quello esterno, furono scolpite in pietra di Costozza tra il 1775 e il 1883 da diversi artisti. Esse rappresentano i più illustri figli della città, padovani di nascita o d'adozione, e ricordano professori e studenti che onorarono la città e lo Studio padovano. Solo gli spazi dell'ingresso ai quattro ponti furono riservati a personaggi politici, a Dogi e Papi. La statua numero 44 rappresenta Andrea Memmo e fu innalzata due anni dopo la sua morte, nel 1794, ed opera del padovano Felice Chiereghin. Valore artistico ha la numero 52 del giro interno, opera giovanile del celebre scultore Antonio Canova, di cui l'originale è oggi ai Musei Civici; essa rappresenta Giovanni Poleni, il matematico e fisico veneziano che a soli 25 anni fu insegnante di astronomia e fisica presso la nostra università. Tra le atre statue ricordiamo quelle di Antenore, Torquato Tasso, Pietro D'Abano, Andrea Mantegna, Ludovico Ariosto, Francesco Petrarca, Galileo Galilei, Giovanni Dondi dell'Orologio, Antonio Canova stesso e Antenore, che, secondo il mito, fu il fondatore di Padova.
L'idea del Memmo era quella di creare un nuovo centro commerciale cittadino, uno spazio adatto per fiere e manifestazioni. Riuscì così a trasformare in pochissimo tempo il centro di Prato della Valle da palude malsana in luogo di mercati, spettacoli, incontri e di passeggio. Nell'isola Memmia furono così inizialmente allestiti padiglioni per dar vita ad un mercato, ma in seguito, al posto delle botteghe, furono piantati degli alberi che tanto hanno contribuito a dare un gusto tipicamente inglese alla piazza ma che al tempo stesso, per l'eterogeneità degli edifici che la circondano, così lontana dalla regolarità dell'edilizia inglese, l'hanno resa unica, originale e indimenticabile. Così d'Annunzio la cantò nella sua "Città del silenzio": 

"…prato molle, ombrato d'olmi
e di marmi, che cinge la riviera
e le rondini rigano di strida,
tutti i pensieri miei furono colmi
d'amore e i sensi miei di primavera
come in un lembo del giardin d'Armida"

Dopo l'Unità d'Italia, quest'area era stata ribattezzata Piazza Vittorio Emanuele II, ma è prevalso il nome storico o più semplicemente il Prato, come lo chiamano i padovani; noto anche come "il prato senza erba" a causa della carenza di erba dovuta alla presenza di troppi alberi, oggi è invece completamente erboso, poiché degli originali alberi ne è sopravissuto solamente uno.
Mentre negli anni '90 il Prato era afflitto da degrado, oggi tutta la piazza è completamente riqualificata ed ampiamente impiegata dai padovani per passeggiate o altro: in estate difatti la piazza è animata da molta gente che pattina, passeggia o studia, magari prendendo il sole.
Le sere d'estate il Prato ospita sempre numerosissimi ragazzi che vi si incontrano fino a tardi.
Da alcuni anni è anche sede della tappa padovana del Festivalbar, e recentemente ha anche ospitato gare di pattinaggio, grazie all'ampio anello asfaltato che circonda la piazza.
Ogni capodanno e ferragosto vengono organizzate in Prato feste con musica e fuochi artificiali; particolarmente apprezzati quelli ferragostani che registrano spettatori da tutto il Veneto.
Di grande interesse sono alcuni monumenti che si affacciano sul Prato della Valle: la Basilica benedettina di Santa Giustina, la Loggia Amulea in stile neoclassico fatta costruire dal Comune di Padova per far assistere le persone eminenti e gli ospiti importanti alle feste e alle corse che si tenevano in Prato della Valle, e molti palazzi costruiti tra il Quattrocento e l'Ottocento.

Le statue del Prato.


Le statue sono attualmente 78 (40 lungo l'anello esterno e 38 lungo quello interno), ma secondo il disegno originario avrebbero dovuto essere 88. La disposizione odierna deriva principalmente dalla distruzione di sei statue raffiguranti dogi veneziani abbattute dall’esercito napoleonico nel 1797; in seguito a questo episodio vi fu un riposizionamento di diverse statue e soprattutto la collocazione sui piedistalli dei ponti est ed ovest (originariamente anch’essi pensati per statue) degli attuali obelischi prima collocati lungo i quattro viali interni dell’isola. I due piedistalli interni del ponte nord sono tuttora privi di statua.
Un preciso regolamento (emanato dalla Presidenza del Prato il 10 febbraio 1776) fissò le norme per la realizzazione delle statue: non potevano essere ritratte persone in vita, non potevano essere ritratti santi (ad essi erano riservati gli altari delle chiese) e tutti i personaggi ritratti dovevano avere avuto un legame con la città. Nella maggior parte dei casi si tratta infatti di professori universitari, artisti, condottieri o ex governanti della città. La prima statua realizzata fu nel 1775, per prova, una statua di Cicerone, che fu velocemente rimossa per l'assenza di legame tra il personaggio e Padova; fu sostituita con l'attuale statua di Antenore offerta alla città dallo stesso Andrea Memmo. L'ultima delle statue originali fu quella di Francesco Luigi Fanzago collocata nel 1838. In seguito, nel corso dell'Ottocento, fu rifatta la statua di Antonio Savonarola perché eccessivamente deteriorata ed infine, nel 1963, per esigenze di conservazione è stata sostituita con copia (opera di Luigi Strazzabosco) l’unica statua eseguita da Antonio Canova e rappresentante Giovanni Poleni. Le statue raffigurano tutte personalità maschili; l’unica eccezione è quella del busto della poetessa Gaspara Stampa collocato ai piedi della statua dedicata ad Andrea Briosco. I piedistalli e le statue sono realizzati in pietra di Vicenza, un calcare tenero cavato in diverse località dei Colli Berici. Esso si presta molto bene all’uso in scultura per la sua facile scolpibilità, ma presenta di contro un facile deterioramento. Diversi interventi di restauro e conservazione sono stati operati sulle statue dalla fine dell'Ottocento. L'ultimo esteso intervento sulle statue risale ai primi anni novanta del XX secolo.
Le statue furono fondamentali per la trasformazione del Prato non solo visivamente ma anche finanziariamente. Infatti furono pagate da singoli cittadini o gruppi previo il versamento di una somma che poteva variare tra i 135 e i 150 zecchini e che servì sia al costo vivo della statua sia come contributo ai lavori generali del Prato. La somma poteva anche essere versata in due o tre anni di tempo.

Personalità raffigurate nelle statue di Prato della Valle

Numerazione delle statue raffigurate in Prato della Valle

Recinto esterno
  • 01 Antonio Diedo
  • 02 Antenore
  • 03 Azzo II d'Este
  • 04 Trasea Peto
  • 05 Torquato Tasso
  • 06 Pietro D'Abano
  • 07 Giovanni Francesco Mussato
  • 08 Pagano Della Torre
  • 09 Lucio Arunzio Stella
  • 10 Opsicella
  • 11 Obelisco
  • 12 Obelisco
  • 13 Bernardo Nani
  • 14 Vettor Pisani
  • 15 Lodovico Sambonifacio
  • 16 Antonio Michiel
  • 17 Antonio Barbarigo
  • 18 Domenico Lazzaroni
  • 19 Taddeo Pepoli
  • 20 Marco Mantova Benavides
  • 21 Andrea Mantegna
  • 22 Papa Paolo II (Pietro Barbo)
  • 23 Papa Eugenio IV (Gabriele Condulmer)
  • 24 Bernardino Trevisan
  • 25 Antonio Da Rio
  • 26 Andrea Da Recanati
  • 27 Ludovico Ariosto
  • 28 Albertino Mussato
  • 29 Giuseppe Tartini (e Francescantonio Vallotti)
  • 30 Giovanni Maria Memmo
  • 31 Michele Morosini
  • 32 Melchiorre Cesarotti
  • 33 Obelisco
  • 34 Obelisco
  • 35 Francesco Petrarca
  • 36 Galileo Galilei
  • 37 Alessandro Orsato
  • 38 Alteniero Degli Azzoni
  • 39 Sicco Polentone
  • 40 Antonio Zacco
  • 41 Cesare Piovene
  • 42 Maffeo Memmo
  • 43 Andrea Navagero
  • 44 Andrea Memmo
Recinto interno
  • 45 Piedistallo vuoto
  • 46 Zambono Dotto De' Dauli
  • 47 Sperone Speroni
  • 48 Tito Livio
  • 49 Gerolamo Savorgnan
  • 50 Fortunio Liceti
  • 51 Lodovico Buzzuccarini
  • 52 Giovanni Poleni
  • 53 Guglielmo Malaspina degli Obizzi
  • 54 Giovanni Dondi dell'Orologio
  • 55 Obelisco
  • 56 Obelisco
  • 57 Antonio Schinella de' Conti
  • 58 Jacopino De' Rossi
  • 59 Gustavo Adamo Baner
  • 60 Gustavo II Adolfo di Svezia
  • 61 Matteo De' Ragnina
  • 62 Giobbe Ludolf di Erfurt
  • 63 Stefano Gallini
  • 64 Filippo Salviati
  • 65 Uberto Pallavicino
  • 66 Papa Alessandro VIII (Pietro Ottoboni)
  • 67 Papa Clemente XIII (Carlo Rezzonico)
  • 68 Antonio Canova (con il procuratore Antonio Capello)
  • 69 Francesco Luigi Fanzago
  • 70 Francesco Pisani
  • 71 Giulio Pontedera
  • 72 Nicolò Tron
  • 73 Francesco Guicciardini
  • 74 Jacopo Menochio
  • 75 Giovanni Sobieski
  • 76 Stefano Bathory
  • 77 Obelisco
  • 78 Obelisco
  • 79 Pietro Danieletti (con Gianbattista Morgagni)
  • 80 Rainiero Vasco
  • 81 Francesco Morosini detto il Peloponnesiaco
  • 82 Gerolamo Liorsi
  • 83 Antonio Savonarola
  • 84 Marino Cavalli
  • 85 Andrea Briosco (con Gaspara Stampa)
  • 86 Albertino Papafava
  • 87 Michele Savonarola
  • 88 Piedistallo vuoto

Statue di dogi veneziani abbattute dall'esercito napoleonico nel 1797:
  • Antonio Grimani
  • Marcantonio Giustinian
  • Alvise Mocenigo
  • Marcantonio Memmo
  • Francesco Morosini detto il Peloponnesiaco



 

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