Apriamo oggi una nuova rubrica, "Angoli di Padova", dove andremo a trattare monumenti, strade e simboli caratteristici della nostra città (e della provincia). In questa prima puntata andiamo a vedere la storia di ciò che a mio parere è (insieme al Santo) il vero simbolo di Padova: Prato della Valle. O "Il Prato", se preferite.
Prato della Valle, uno dei simboli di
Padova, è una grande piazza ellittica che, oltre ad essere la maggiore
piazza padovana, è una delle più grandi d'Europa (88620 mq), seconda
solo alla Piazza Rossa di Mosca. La piazza è in realtà un grande spazio
monumentale caratterizzato da un'isola verde centrale, chiamata Isola
Memmia in onore del podestà che commissionò i lavori, circondata da un
canale ornato da un doppio basamento di statue numerate di celebri
personaggi del passato che secondo il progetto originario dovevano
essere 88. Oggi possiamo osservare, invece, solo 78 statue con 8
piedistalli sormontati da obelischi e 2 vuoti. Quattro viali
attraversano il Prato su piccoli ponti, per poi incontrarsi al centro
dell'isolotto.
La sistemazione trae ispirazione dalla grande tradizione veneta del
giardino patrizio; qui per la prima volta questo venne distolto dall'uso
privato e proposto, secondo i concetti neoclassici, come soluzione
urbanistica e qualificazione ambientale.
Fin dall'antichità questo spazio aperto ebbe funzioni economiche e
ricreative. In epoca romana fu sede di un vasto teatro, lo Zairo, delle
cui fondamenta sono state rinvenute le tracce nel canale che circonda
l'Isola Memmia, e di un circo per le corse dei cavalli. Nell'epoca delle
persecuzioni contro i primi cristiani, il circo fu utilizzato per i
combattimenti. Qui furono amrtirizzati due dei quattro patroni della
città, Santa Giustina e San Daniele.
Nel Medioevo fu invece sede di fiere, giostre, feste pubbliche e gare,
come le corse dei "sedioli", una specie di biga tipicamente padovana o
il "castello d'amore", che si concludeva con la conquista delle belle
ragazze da marito da parte di giovanotti venuti da tutto il Veneto. La
domenica delle Palme era anche il luogo tradizionale delle grandi
assemblee "di tutti gli uomini liberi del Padovano" e già nel 1077 era
luogo da "mercato" e due volte al mese aveva luogo il mercato degli
animali. Ad ottobre e a novembre si tenevano invece le due grandi fiere
in onore dei Santi Patroni Giustina e Prosdocimo. Persino le più
frequentate prediche di Sant'Antonio venivano tenute in Prato della
Valle.
Sebbene si trovasse a ridosso delle mura della città, continuò a
mantenere per lungo tempo il suo aspetto paludoso e malsano, dovuto alla
conformazione a catino del terreno, dove l' acqua ristagnava, tanto da
assumere quell'aspetto di valle che giustifica il nome. Inoltre esso non
era proprietà demaniale, ma dell'abbazia di S. Giustina che durante la
dominazione veneziana non aveva i mezzi di curarne la bonifica. Tutti
questi fattori, come pure la destinazione cimiteriale di una sua parte,
contribuirono così a preservare la zona da radicali cambiamenti e a
lasciarla a lungo inedificata.
Il 14 febbraio del 1767 il Senato Veneto dichiarò l'area di proprietà
comunale contro le pretese dei monaci di Santa Giustina e qualche anno
dopo, nel 1775, Andrea Memmo, patrizio veneziano illuminista, nominato
Provveditore della Serenissima a Padova, con l'aiuto dell'abate Domenico
Cerato, professore di architettura a Vicenza e Padova e progettista di
diverse opere pubbliche a Padova e dintorni, valorizzò questo spazio
attuando una radicale bonifica e creando una canalizzazione sotterranea
destinata a far defluire le acque dell'anello centrale, che tuttora
vediamo, valicato da 4 ponti, recingere una specie di grande aiuola
circolare. Secondo le cronache, per la realizzazione dell'isola Memmia,
dei ponti e della canaletta bastarono 44 giorni e senza aggravio per
l'erario in quanto Andrea Memmo usò anche il suo denaro.
Il suo progetto, rimasto in parte incompiuto, è visibile in un'incisione
su rame di Francesco Piranesi del 1785. Sembra che Memmo avesse
commissionato questa e altre rappresentazioni e le tenesse esposte a
Palazzo Venezia, sede dell'ambasciata della Repubblica a Roma,
nell'intento di ottenere il finanziamento per le statue ornamentali,
proponendolo a persone notabili.
Le statue su piedistallo che adornano la piazza, 38 lungo l'anello
interno all'Isola Mummia e 40 lungo quello esterno, furono scolpite in
pietra di Costozza tra il 1775 e il 1883 da diversi artisti. Esse
rappresentano i più illustri figli della città, padovani di nascita o
d'adozione, e ricordano professori e studenti che onorarono la città e
lo Studio padovano. Solo gli spazi dell'ingresso ai quattro ponti furono
riservati a personaggi politici, a Dogi e Papi. La statua numero 44
rappresenta Andrea Memmo e fu innalzata due anni dopo la sua morte, nel
1794, ed opera del padovano Felice Chiereghin. Valore artistico ha la
numero 52 del giro interno, opera giovanile del celebre scultore Antonio
Canova, di cui l'originale è oggi ai Musei Civici; essa rappresenta
Giovanni Poleni, il matematico e fisico veneziano che a soli 25 anni fu
insegnante di astronomia e fisica presso la nostra università. Tra le
atre statue ricordiamo quelle di Antenore, Torquato Tasso, Pietro
D'Abano, Andrea Mantegna, Ludovico Ariosto, Francesco Petrarca, Galileo
Galilei, Giovanni Dondi dell'Orologio, Antonio Canova stesso e Antenore,
che, secondo il mito, fu il fondatore di Padova.
L'idea del Memmo era quella di creare un nuovo centro commerciale
cittadino, uno spazio adatto per fiere e manifestazioni. Riuscì così a
trasformare in pochissimo tempo il centro di Prato della Valle da palude
malsana in luogo di mercati, spettacoli, incontri e di passeggio.
Nell'isola Memmia furono così inizialmente allestiti padiglioni per dar
vita ad un mercato, ma in seguito, al posto delle botteghe, furono
piantati degli alberi che tanto hanno contribuito a dare un gusto
tipicamente inglese alla piazza ma che al tempo stesso, per
l'eterogeneità degli edifici che la circondano, così lontana dalla
regolarità dell'edilizia inglese, l'hanno resa unica, originale e
indimenticabile. Così d'Annunzio la cantò nella sua "Città del
silenzio":
"…prato molle, ombrato d'olmi
e di marmi, che cinge la riviera
e le rondini rigano di strida,
tutti i pensieri miei furono colmi
d'amore e i sensi miei di primavera
come in un lembo del giardin d'Armida"
Dopo l'Unità d'Italia, quest'area era stata ribattezzata Piazza Vittorio
Emanuele II, ma è prevalso il nome storico o più semplicemente il
Prato, come lo chiamano i padovani; noto anche come "il prato senza
erba" a causa della carenza di erba dovuta alla presenza di troppi
alberi, oggi è invece completamente erboso, poiché degli originali
alberi ne è sopravissuto solamente uno.
Mentre negli anni '90 il Prato era afflitto da degrado, oggi tutta la
piazza è completamente riqualificata ed ampiamente impiegata dai
padovani per passeggiate o altro: in estate difatti la piazza è animata
da molta gente che pattina, passeggia o studia, magari prendendo il
sole.
Le sere d'estate il Prato ospita sempre numerosissimi ragazzi che vi si incontrano fino a tardi.
Da alcuni anni è anche sede della tappa padovana del Festivalbar, e
recentemente ha anche ospitato gare di pattinaggio, grazie all'ampio
anello asfaltato che circonda la piazza.
Ogni capodanno e ferragosto vengono organizzate in Prato feste con
musica e fuochi artificiali; particolarmente apprezzati quelli
ferragostani che registrano spettatori da tutto il Veneto.
Di grande interesse sono alcuni monumenti che si affacciano sul Prato
della Valle: la Basilica benedettina di Santa Giustina, la Loggia Amulea
in stile neoclassico fatta costruire dal Comune di Padova per far
assistere le persone eminenti e gli ospiti importanti alle feste e alle
corse che si tenevano in Prato della Valle, e molti palazzi costruiti
tra il Quattrocento e l'Ottocento.
Le statue del Prato.
Le statue sono attualmente 78 (40 lungo l'anello esterno e 38 lungo quello interno), ma secondo il disegno originario avrebbero dovuto essere 88. La disposizione odierna deriva principalmente dalla distruzione di sei statue raffiguranti dogi veneziani abbattute dall’esercito napoleonico nel 1797; in seguito a questo episodio vi fu un riposizionamento di diverse statue e soprattutto la collocazione sui piedistalli dei ponti est ed ovest (originariamente anch’essi pensati per statue) degli attuali obelischi prima collocati lungo i quattro viali interni dell’isola. I due piedistalli interni del ponte nord sono tuttora privi di statua.
Un preciso regolamento (emanato dalla Presidenza del Prato il 10 febbraio 1776)
fissò le norme per la realizzazione delle statue: non potevano essere
ritratte persone in vita, non potevano essere ritratti santi (ad essi
erano riservati gli altari delle chiese) e tutti i personaggi ritratti
dovevano avere avuto un legame con la città. Nella maggior parte dei
casi si tratta infatti di professori universitari, artisti, condottieri o
ex governanti della città. La prima statua realizzata fu nel 1775, per prova, una statua di Cicerone, che fu velocemente rimossa per l'assenza di legame tra il personaggio e Padova; fu sostituita con l'attuale statua di Antenore offerta alla città dallo stesso Andrea Memmo. L'ultima delle statue originali fu quella di Francesco Luigi Fanzago collocata nel 1838. In seguito, nel corso dell'Ottocento, fu rifatta la statua di Antonio Savonarola perché eccessivamente deteriorata ed infine, nel 1963, per esigenze di conservazione è stata sostituita con copia (opera di Luigi Strazzabosco) l’unica statua eseguita da Antonio Canova e rappresentante Giovanni Poleni. Le statue raffigurano tutte personalità maschili; l’unica eccezione è quella del busto della poetessa Gaspara Stampa collocato ai piedi della statua dedicata ad Andrea Briosco. I piedistalli e le statue sono realizzati in pietra di Vicenza, un calcare tenero cavato in diverse località dei Colli Berici.
Esso si presta molto bene all’uso in scultura per la sua facile
scolpibilità, ma presenta di contro un facile deterioramento. Diversi
interventi di restauro e conservazione sono stati operati sulle statue
dalla fine dell'Ottocento. L'ultimo esteso intervento sulle statue risale ai primi anni novanta del XX secolo.
Le statue furono fondamentali per la trasformazione del Prato non
solo visivamente ma anche finanziariamente. Infatti furono pagate da
singoli cittadini o gruppi previo il versamento di una somma che poteva
variare tra i 135 e i 150 zecchini e che servì sia al costo vivo della
statua sia come contributo ai lavori generali del Prato. La somma poteva
anche essere versata in due o tre anni di tempo.
Personalità raffigurate nelle statue di Prato della Valle
![]() |
Numerazione delle statue raffigurate in Prato della Valle |
Recinto esterno
|
Recinto interno
- 45 Piedistallo vuoto
- 46 Zambono Dotto De' Dauli
- 47 Sperone Speroni
- 48 Tito Livio
- 49 Gerolamo Savorgnan
- 50 Fortunio Liceti
- 51 Lodovico Buzzuccarini
- 52 Giovanni Poleni
- 53 Guglielmo Malaspina degli Obizzi
- 54 Giovanni Dondi dell'Orologio
- 55 Obelisco
- 56 Obelisco
- 57 Antonio Schinella de' Conti
- 58 Jacopino De' Rossi
- 59 Gustavo Adamo Baner
- 60 Gustavo II Adolfo di Svezia
- 61 Matteo De' Ragnina
- 62 Giobbe Ludolf di Erfurt
- 63 Stefano Gallini
- 64 Filippo Salviati
- 65 Uberto Pallavicino
- 66 Papa Alessandro VIII (Pietro Ottoboni)
- 67 Papa Clemente XIII (Carlo Rezzonico)
- 68 Antonio Canova (con il procuratore Antonio Capello)
- 69 Francesco Luigi Fanzago
- 70 Francesco Pisani
- 71 Giulio Pontedera
- 72 Nicolò Tron
- 73 Francesco Guicciardini
- 74 Jacopo Menochio
- 75 Giovanni Sobieski
- 76 Stefano Bathory
- 77 Obelisco
- 78 Obelisco
- 79 Pietro Danieletti (con Gianbattista Morgagni)
- 80 Rainiero Vasco
- 81 Francesco Morosini detto il Peloponnesiaco
- 82 Gerolamo Liorsi
- 83 Antonio Savonarola
- 84 Marino Cavalli
- 85 Andrea Briosco (con Gaspara Stampa)
- 86 Albertino Papafava
- 87 Michele Savonarola
- 88 Piedistallo vuoto
Statue di dogi veneziani abbattute dall'esercito napoleonico nel 1797:
- Antonio Grimani
- Marcantonio Giustinian
- Alvise Mocenigo
- Marcantonio Memmo
- Francesco Morosini detto il Peloponnesiaco
Nessun commento:
Posta un commento
Posta qui il tuo commento